7 GENNAIO NEL RICORDO DI VIOLANTE DI BAVIERA

 

Nel 1717 Governatrice di Siena è la Principessa Violante Beatrice di Baviera, moglie di Ferdinando de’ Medici, che sarà ricordata per aver legato il suo nome a quello delle Contrade.
In quel tempo erano frequenti le questioni che nascevano sul diritto nelle strade dei rioni alla “questua” e la “batter cassa”.
Per evitare litigi fra Contrade confinanti, Violante emanò il 7 gennaio 1729 un bando, ancora oggi in uso, che stabiliva i confini delle attuali 17 consorelle.
Al suo nome sono inoltre legate anche numerose norme che determinano il regolamento del Palio.
La più importante è la riduzione a 10 delle Contrade ammesse a correre attraverso l’introduzione del meccanismo dell’estrazione.

La Principessa, affezionatasi profondamente alla città che reggeva ed alle sue tradizioni, capì pienamente quale fosse la grande passione dei propri sudditi e, compartecipe essa stessa di tale passione, si adoperò perché quelle istituzioni che ne erano appunto alla base si rinforzassero ulteriormente e stabilmente.
Ma, per poter comprendere il valore e l’intelligenza delle riforme arrecate da Violante di Baviera alla festa del Palio ed alle Contrade, è necessario esaminare brevemente la situazione delle Contrade stesse in quei primi decenni del sec. XVIII nonché il precedente più grave ed allarmante che spinse la Principessa, responsabile del Governo Granducale in Siena, ad ideare ed apportare le sue benefiche riforme.
Due erano le costumanze più caratteristiche dei rioni senesi in quella epoca cui si riferisce la nostra narrazione: la questua cioè l’operazione che annualmente compiva un incaricato di raccogliere danari per la Contrada dagli abitanti di essa ed il “batter cassa“, ossia lo stamburare che attraverso le strade si faceva allo scopo di convocare le adunanze per le elezioni dei seggi direttivi.
Ora, non esistendo norme stabilite che regolassero i confini delle Contrade, accadeva spesso che tamburini o questuanti si incontrassero percorrendo certe strade – si tenga presente che i tamburini ed i questuanti si tramandavano per generazioni le abitudini nel compiere gli itinerari e che, quindi, si affidava tutto alla tradizione, non alla norma – e che, perciò, si trovassero con estrema facilità a diverbio, non volendo l’uno sentire le ragioni dell’altro.
La situazione, veramente insostenibile, si trascinava ormai da molto tempo, e parve riacutizzarsi in maniera critica, quando nel 1718 alcuni abitanti di via del Casato, via di Città, di piazza Postierla dichiararono di volersi nuovamente ricostituire in una Contrada che da tempo non partecipava più alle competizioni con le consorelle, l’Aquila, e di essere presenti al Palio d’agosto indetto dall’Oca lo stesso anno.
Si consideri ora che il territorio dell’Aquila era stato da numerosi anni smembrato tra la Selva, l’Onda, la Tartuca e la Pantera.
La prima a reagire fu, dunque la Selva che, a mezzo del proprio capitano Giovan Battista Nencini e del deputato Michelangelo Grilli, affermò non poter partecipare al Palio la sedicente Aquila poichè non esisteva come contrada, non avendo neppure dato il benvenuto insieme alle altre quindici – anche il Leocorno fu assente e per questo si decise di sospenderlo dalle corse – a Porta Camollia alla Governatrice durante il suo ingresso a Siena la sera del 12 aprile 1717.
L’Aquila ribadì che, in realtà, nel 1546 era stata tra le protagoniste di una competizione contradaiola, la «Caccia de’ tori» descritta dal contemporaneo Cecchino Chartajo e che perciò aveva il diritto di essere riammessa al Palio.
Dopo che, chiamato a testimoniare il tamburino Giovanni Marchetti, la Selva ebbe dimostrato di avere sempre posseduto le strade che l’Aquila rivendicava, entrarono nella controversia a fianco della Selva anche Onda, Tartuca e Pantera, ugualmente danneggiate nei loro interessi territoriali, le quali si appellarono al precedente della Spadaforte, non più riconosciuta come Contrada allorchè, dopo una lunga astinenza volontaria, nel 1693 intese ritornare alle corse.
L’Aquila, però, non voleva cedere, tanto più che le sue difese nello stesso 1718 erano state prese da un autorevole gentiluomo senese, lo storico Giovanni Antonio Pecci.
Costui, eletto protettore – nel marzo del 1718 ricopriva anche la pubblica carica di membro del Concistoro, carica questa, che egli fece senz’altro pesare sul trionfo della causa da lui impugnata – si adoperò subito a favore della propria contrada e riuscì a farla ammettere al Palio del 2 luglio 1719 (il Palio del 16 agosto 1718 fu sospeso ad evitare disordini, ma sulla sua effettuazione gli storici sono ancora discordi), che fu vinto appunto dall’Aquila.
E’ interessante ricordare come in tale occasione anche il Leocorno fosse riammesso nel novero delle Contrade con l’abolizione del decreto della sua sospensione. Evidentemente tante amnistie non potevano che essere frutto della magnanimità della nuova Governatrice; altrimenti tutto avrebbe avuto un diverso svolgimento e ben più severo, come dimostra il precedente della Spadaforte.
La controversia condusse, tuttavia, ad una revisione dei confini delle Contrade, revisione ritenuta necessaria dalle autorità e chiesta, oltre che dalle parti in causa, anche da tutti i Senesi attaccati alle loro istituzioni ed al mantenimento dell’ordine in seno ad esse.
Si dovette aspettare, però, il 1729, circa dieci anni, quindi, prima che gli organismi amministrativi della città e l’apposita commissione arrivassero a capo di qualcosa di concreto.
Naturalmente innumerevoli furono in tale periodo di tempo le sollecitazioni degli interessati, ma sembra che queste, dapprima, non riuscissero affatto ad affrettare l’andamento dei difficili lavori.
Infine una «Descrizione dei Confini delle Contrade» fu redatta dalla Biccherna, approvata per mano della Balìa e promulgata il 7 Gennaio 1729 dalla Governatrice sotto il nome ancor oggi noto di «Bando della Principessa Violante di Baviera».

Fonte: www.ilpalio.org

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