Web tra una birra e l’altra

È esplosa l’estate dal Baltico alla Baviera, ma sarà breve e i Biergarten, le birrerie all’aperto (80 mila in tutto il paese) sono gremite. Ci finisco anch’io trascinato dagli amici tedeschi, o da quelli italiani che vogliono gustare l’autentica atmosfera locale. Sotto un tiglio, o un acero, un pioppo o una quercia, posso continuare a lavorare al computer, tenermi aggiornato su quel che accade, dal royal baby che, forse, quando verrà il suo turno, sarà l’ultimo monarca d’Europa, all’ultima crisi dell’euro.

Il wireless è diffuso in ogni angolo.

E, dove occorre, tra un boccale e l’altro l’oste ti fornisce la password. Facile, uno due tre e Kurt o Karl o Klaus, il suo nome. Ovviamente gratis. Un paradiso rispetto all’Italia.

Tempo fa, mentre mi trovavo a Roma, è saltata la linea telefonica a casa mia. Fiducioso in quanto aveva annunciato il sindaco, sono corso in piazza San Cosimato a Trastevere, dove sarebbe stato installato un hot spot. Seduto su una panchina, tra barboni e madri con bambini nevrotici, ho cercato di collegarmi. Invano. Ho chiesto lumi a un esperto. Il mio laptop era difettoso?

No. Il wireless capitolino è gratuito, ma occorre identificarsi e chiedere ufficialmente una password all’ufficio competente. Facile per un turista straniero di passaggio. Non ho controllato, ma la spiegazione mi sembra verosimile. Poi leggo che internet sarà libero nei locali pubblici, ma di fatto la nuova legge sarà ancora più severa. La solita trappola burocratica all’italiana che renderà responsabile il titolare del locale di ogni controllo, e dell’eventuale attentato preparato con il mio computer. Spaventati dalle critiche, fanno marcia indietro, ma tagliano 20 milioni di investimento per la banda larga. Siamo inguaribili.

Sospetto, anche se non sono un grillino, che la norma che qualche politico avrà trovato geniale, non era stata escogitata contro Al Qaeda, ma per rendere più complicata la comunicazione in rete tra cittadini insoddisfatti di chi li governa. In Polonia, mi informa un amico di Stettino, il fisco rimborsa 800 zloty all’anno a chi ha internet, poco meno di 200 euro, quanto costa l’abbonamento casalingo per dieci mesi. Internet viene considerato un bene primario e indispensabile. L’economia polacca è una delle più vitali d’Europa. Sarà per questo?

Per tornare ai Biergarten, gli stranieri compiono gaffe imperdonabili con la birra. In riva all’Elba, o sul Reno, non si può chiedere una birra olandese, o francese, o belga o, ancor più imperdonabile, una birra inglese. Secondo il Reinheitsgebot, cioè le norme per la fabbricazione della birra codificate nel medioevo, alcune birre straniere non sarebbero neppure birre. Si fa eccezione per l’ottima birra ceca ma, nel caso, ve la propone l’oste. Da qualche parte trovate la nostra Peroni che, a quanto dicono, offre una varietà di gusto che loro non hanno.

Quando in un giorno d’estate mi trovo in un Biergarten, non posso fare a meno di pensare a Cabaret, a quella scena geniale in cui a un tratto, uno alla volta, poi tutti insieme, gli avventori di un Biergarten berlinese si alzano in piedi e, boccale in pugno, intonano Der Morgen gehört uns, il domani ci appartiene. Sta per sedersi al nostro tavolo Adolf Hitler. Quale sintesi più efficace in un musical per annunciare la tragedia imminente?

È un’associazione di idee. Non si può far nulla contro i cortocircuiti della mente. Non voglio dire che i Biergarten in quanto typisch deutsch evocano il nazismo. In me evocano le calze nere di Liza Minelli, tutto qui. Una lapide nella Nollendorferplatz al numero 17 ricorda la pensione, quella di Cabaret, dove abitò dal 1929 al febbraio del 1933 Christopher Isherwood, l’autore di Goodbye to Berlin, da cui fu tratto il film. Quando arrivò Hitler se ne ripartì.

Liza l’ho realmente incontrata a Berlino, non in Biergarten ma alla Neue Nationalgalerie, abbiamo anche parlato seduti tete-à-tete su un divano, come nel film lei siede accanto al giovane Fritz Wepper, l’attore che rinuncerà a una carriera a Hollywood per diventare l’aiutante di Derrick in tv. Ma questo non c’entra.

Ho il sospetto che, se nel Biegarten di Cabaret gli avventori avessero avuto a disposizione un computer e una password, non avrebbero cantato in coro un inno nazista e Adolf sarebbe rimasto un pittore della domenica.

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