«Vivo a Monaco, ma vi invito tra i nonni del bar La Rambla»

Reggio Emilia, 10 aprile 2015 – SPIAZZA un po’ tutti scegliendo come protagonisti del suo romanzo d’esordio degli ‘umarell ultraottantenni’, lei che di anni ne ha 32 e che sei anni fa ha scelto di lasciare l’Emilia per trasferirsi in una città giovane e dinamica come Monaco.

Ma basta leggere qualche riga di «Quasi arzilli» (Giunti Editore, 12 euro, ebook 6.99 euro) per essere conquistati dallo stile delicato e ironico di Simona Morani, per sentirsi innamorati dei suoi «vecchietti» dell’Appennino reggiano. Nata a Faenza ma cresciuta a Canossa, si è laureata in Lingue straniere e nel 2009 si è trasferita in Baviera dove oggi lavora come interprete, redattrice e autrice di film documentari per la televisione.

«Sono felice come non mai, questo libro è un sogno che si realizza – dice Simona Morani -. Scrivo da quando ero bambina. Ho iniziato con poesie e racconti, alle elementari buttavo giù bozze di sceneggiature e storie d’amore. Avevo già scritto due romanzi ma non li ho proposti agli editori, non li sentivo pronti».

Racconta un paese che assomiglia molto a Canossa e di una combriccola di ultraottantenni. Nonostante l’età dei protagonisti, è un modo per parlare di lei, delle sue origini? 

«Molti degli eventi raccontati sono accaduti ai miei cari o ad anziani che ho avuto modo di conoscere. Però ci sono sicuramente elementi autobiografici, soprattutto nel percorso interiore del personaggio di Ettore. Da bambina soffrivo ogni tanto di attacchi di ansia e andavo in giro a chiedere a bambini e adulti se anche a loro capitava di avere paura della morte. In genere si mettevano a ridere o rispondevano con una battuta, ma mio zio Renzo no. Un giorno nel suo capannone mi ha confidato di avere le mie stesse paure ed è stato lì che ho capito che per certe cose non c’è un’età e che per trovare conforto a volte è meglio chiedere opinione agli anziani».

Nonostante l’età dei personaggi, ha definito il libro quasi un romanzo di formazione, per via della figura di Ettore.

«Perchè Ettore non è mai veramente maturato. Ha vissuto passivamente accontentandosi della rassicurante vita contadina e avendo come unico svago la compagnia del bar. Ma la scomparsa dell’amico Ermenegildo fa crollare le sue certezze e la sua fede. Dovrà finalmente attivarsi per cercare il suo senso della vita».

Il suo romanzo fa ridere, ma allo stesso tempo trasmette un po’ di malinconia, per via delle atmosfere di questi «Bar la Rambla« dell’Appennino che stanno pian piano scomparendo.

«Bar come La Rambla ce ne sono ancora per fortuna, ma le sedie di chi se ne va rimangono vuote perché i giovani sognano una vita lontana da quella «noiosa» della campagna».

Ma il bar La Rambla esiste davvero o è inventato?

«Il bar che ho descritto nel libro si trova nella zona di Toano, dove sono stata diverse volte e ho incontrato anziani che hanno ispirato i personaggi di Gino e don Giuseppe. Però il nome La Rambla è quello di un altro bar davvero esistente a Cerezzola, vicino a Canossa, dove spesso va mio zio a giocare a briscola con gli amici».

Perchè ha deciso di lasciare l’Appennino per la Baviera?

«Abito a Monaco da sei anni. Non posso dire di essere stata costretta a lasciare l’Italia, ma certo una laurea nel 2008 in materie umanistiche non ha aiutato, per quattro mesi ho cercato lavoro invano. Quando ho trovato una collaborazione di sei mesi a Monaco in un campo legato ai miei studi ho deciso di ripartire».

Tornerà a vivere a Reggio?

«Amo Reggio, la sua gente, la cucina, le colline e anche la nebbia! Non escludo di tornarci presto, ma al momento mi è impossibile fare una scelta netta. Monaco è una città meravigliosa che offre molto a livello culturale e di servizi. Vorrei viverle entrambe finché mi è possibile. Agli studenti tedeschi, ai quali insegno italiano, porto sempre a fine semestre o nelle occasioni speciali una bottiglia di Lambrusco del nonno».

Sta già pensando al prossimo romanzo?

«Sì, sto scrivendo una storia. Sempre ambientata in Emilia».

di
Mariarosaria Corchia

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