Uber super-soft, la strategia adesso è offrire lavoro

Uber fa leva su un tasto dolente: l’occupazione. La società americana che in molti paesi d’Europa, come in altri nel mondo (il servizio è stato bandito in India, Spagna, Brasile e Thailandia), è al centro di polemiche per la regolamentazione nei confronti dei taxi ha teso una mano ai governanti del Vecchio Continente snocciolando le opportunità lavorative che può generare. Incrociando la domanda e l’offerta di trasporto privato, nel 2015 la app potrebbe offrire una fonte di reddito a 50mila nuovi conducenti, “10mila in ogni grande città nei prossimi 4 anni”, ha detto il ceo Travis Kalanick durante la conferenza “Dld – Digital life design” a Monaco di Baviera.

In un paese come l’Italia, in cui la disoccupazione è a livelli da record (soprattutto tra i giovani), la prospettiva sembra allettante. Secondo Kalanick Uber ha generato l’equivalente di 7.500 posti a tempo pieno a San Francisco, 10mila a Londra e 3.750 a Parigi. Ma come la mettiamo con le multe? Se da un lato la società, che ha tra i suoi finanziatori Google, annovera queste cifre, in assenza di una regolamentazione chiara in Francia, come in Italia, chi usa UperPop (l’app che trasforma qualsiasi cittadino in autista) rischia di essere multato per esercizio abusivo della professione (manca la licenza). Staremo a vedere, intanto anche da noi Uber va avanti e si rafforza con partnership sempre nuove, l’ultima è stata quella a Milano con L’Officiel Hommes Italia.

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