Treviso, ecco gli All Blacks

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TREVISO – Da ieri, l’ampio mosaico dei nuovi acquisti in casa Benetton si è arricchito ulteriormente con l’arrivo a Treviso dalla Nuova Zelanda, via Irlanda, del terza linea Leo Auva’a.

 

Fisico massiccio e già visto a Monigo in veste di avversario, Auva’a approda al XV della Marca dopo i trascorsi in patria e quelli a Dublino.

 

“Ho iniziato a giocare molto giovane a scuola e ho continuato in Nuova Zelanda, fino ad arrivare a diventare capitano della mia formazione l’Hutt Old Boys-Marist.

 

Poi sono passato al Wellington, giocando con la squadra A e con l’Under 21. Una volta capito che non c’era molto spazio per me, ho preferito cercare altrove.

 

Grazie ad una telefonata del mio amico Jacob Ellison sono andato in Irlanda.

 

Jacob aveva accettato di giocare per il Clontarf e aveva come allenatore Phil Werahiko che poi accettò di passare all’Old Belvedere.

 

Il tecnico era alla ricerca di un numero 8 d’impatto e Jacob gli fece il mio nome e così arrivai in Irlanda”.

 

La vittoria nell’AIL il campionato irlandese e la chiamata del Leinster, con la formazione A e poi sempre più per prendere il posto dei tanti nazionali irlandesi presenti nei Dubliners.

 

“A Dublino c’erano molti giocatori di grande qualità e tanti erano nel giro della Nazionale, quindi trovare spazio in campo era piuttosto difficile.

 

Per questo ho accettato la possibilità di venire a Treviso, perchè qui spero di poter avere più minutaggio e dare il mio contributo alla squadra.

 

Come team, lo vedo in maniera positiva, una squadra che vuole crescere e lo sta facendo nella giusta direzione. Per questo non vedo l’ora di scendere in campo”.

 

Fisico imponente per questo giocatore che ad agosto compirà 30 anni e che risponde alle misure di 193 cm di altezza per 122 kg. 

 

“Mi considero un ball carrier, uno che deve portare avanti palla per creare gli spazi giusti per altri. Conosco già le competizioni che andremo ad affrontare, avendole vissute con il Leinster e quindi conosco i nostri avversari.

 

Sono emozionato dalla possibilità di giocare le coppe europee. Pur avendole vinte come parte della rosa, in Heineken Cup sono stato soltanto in panchina in un paio di occasioni e quindi attendo con interesse la Champions Cup.

 

So che il Benetton è un’ottima squadra. Conosco Mat Luamanu che frequentava la mia stessa scuola, pur essendo un po’ più giovane. 

 

Quando dovevamo venire qui, studiavamo con attenzione i biancoverdi e li temevamo perchè sapevamo di cosa erano capaci.

 

In particolar modo studiavamo con attenzione i trequarti come Nitoglia, Campagnaro ed Esposito che sapevamo potevano creare pericoli importanti.

 

Contro Treviso, specialmente qui, sono state sempre sfide tirate ed equilibrate, spesso adirittura decise all’ultimo”.

 

Genitori samoani – le origini sono chiare da subito dal tatuaggio sul braccio destro, fatto però da un professionista samoano ma in Irlanda – è sposato con l’irlandese Lisa, con la quale circa un anno fa ha avuto il piccolo Grayson.

“Mi considero un ragazzo solare, umile e modesto, che rispetta tutto e tutti. I miei genitori mi hanno insegnato a non dare nulla per scontato e a guadagnarmi quello che posso attraverso il sacrificio e così cerco di fare.

 

Nella vita di tutti i giorni, mi piace provare di tutto. Si vive una volta sola, no? Quindi meglio concedersi quante più possibilità.

 

Ora la maggior parte del tempo è dedicata alla famiglia e se posso ritagliarmi del tempo per me mi piace leggere libri gialli”.

 

 

Altro volto nuovo: Matt Luamanu

 

La sua presenza, c’è da scommetterci, si farà sentire questa stagione. Per un Loamanu che parte, ecco arrivare un Luamanu, un solo cambio di vocale per un giocatore dalla stazza impressionante.

 

Si presenta dopo il lungo viaggio dalla Nuova Zelanda, facendo subito capire che la sua passione al di fuori del rugby sono gli sport americani.

 

Cappellino di football dell’Alabama, canotta numero 10 di Dennis Rodman dei Pistons (basket NBA), chissà mai cosa potrà fare con la play station, suo altro grande hobby.

 

“Vengo in Italia per la prima volta. Non conosco molto della città di Treviso, a parte quello che ho visto documentandomi un po’ su internet.

 

Della squadra so che gioca un buon rugby e che partecipa a dei tornei impegnativi come PRO12 e Champions Cup e volevo affrontare questa sfida.

 

Dopo l’esperienza in Giappone ho voluto provare anche quella europea e non vedo l’ora di entrare nel vivo dell’azione e di conoscere meglio questo bellissimo posto”.

 

Mathew Henry Loamanu, più semplicemente Mat, nasce a Wellington il 4 aprile 1988 e risponde oggi al peso di 127 kg su 193 cm di altezza.

 

Gioca come terza linea, in particolare come numero 8 e dovrà prendere il posto di Christian, mentre l’amico Leo Auva’a – cresciuto nella stessa scuola ed in arrivo a Treviso nei prossimi giorni – prenderà il posto di Manoa Vosawai.

 

Fisico impressionante, in patria si è fatto apprezzare anche per le doti di velocità e l’istinto naturale nel portare avanti palla.

 

“Mi piace giocare un rugby più aperto, vivace, dove posso avere possibilità per correre e sfruttare l’istinto per gli spazi allargati”. 

 

In campionato ha esordito nella natia Wellington, per poi passare successivamente a North Harbour, meritandosi la chiamata in Super Rugby con i Blues, venendo anche indicato dall’allora tecnico Pat Lam (oggi al Connacht, ndr) come uno dei prospetti futuri più interessanti.

 

La straordinaria ascesa dell’All Black Jerome Kaino gli ha, tuttavia, bloccato un po’ la strada, portando alla decisione di trasferirsi in Giappone ai Kyuden Voltex.

 

Già nazionale giovanile e scolastico, ha partecipato con i baby blacks al Junior World Championship del 2008 in Galles, vincendolo.

 

“Cerco di spingere me stesso in questa nuova avventura. Delle competizioni che affronteremo so che ci attendono molte partite e che saranno molto improntate ad un gioco di avanti e mischie”.

 

Padre e madre samoani, trasferiti in Nuova Zelanda prima della sua nascita, sposato con Tone, ha una figlia di quasi due anni: Sienna, due fratelli (entrambi rugbisti e di buone prospettive) e due sorelle. 

 

Naturalmente come ogni buon neozelandese di origine samoana, ha un tatuaggio sul braccio sinistro che ne copre l’intera lunghezza e rappresenta l’albero genealogico.

 

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