Germania – Sette finali dei Mondiali disputate, tre delle quali (1954 a Berna, 1974 a Monaco di Baviera, 1990 a Roma) vinte; 12 piazzamenti nelle prime quattro; sei finali dell’Europeo giocate, delle quali tre vinte (1972 a Monaco di Baviera, 1980 a Roma, 1996 a Londra); in otto circostanze è arrivata fra le prime quattro del torneo continentale. Bastano solo questi numeri a certificare la continuità della Nazionale tedesca nel corso della storia. I ‘panzer’, in altre parole, sono dei mostri di regolarità, veri e propri rulli-compressori, avversari caparbi, tenaci, che arrivano (quasi) sempre fino in fondo alla manifestazione che disputano e a qualunque costo. Ma come si presentano i tedeschi a questo Mondiale brasiliano? Sicuramente non male, dal momento che vantano un organico di altissima affidabilità, che Joachim Loew – subentrato nel 2006 a Klinsmann, oggi selezionatore degli Usa – riesce a gestire al meglio. Il ct dei bianchi di Germania ha miscelato i due blocchi delle corazzate Bayern Monaco e Borussia Dortmund, trovando i giusti equilibri. La Germania è una delle poche Nazionali, assieme al Brasile, che vanta una rosa in cui le presunte riserve ‘pesano’ quanto i possibili titolari. Il blocco più consistente è quello del Bayern, con il portiere Neuer, il difensore Jerome Boateng, il jolly Lahm, il colosso di centrocampo Schweinsteiger, l’elegantissimo regista Kroos, i fantasisti Goetze e Mueller, destinati al ruolo di titolari. La Germania è un mix perfetto di solidità, concretezza, ma anche stile ed eleganza. Davvero una squadra molto ben assortita, per avere ragione della quale bisognerà davvero gettare il cuore oltre l’ostacolo. Ma potrebbe anche non bastare… Se in forma, i tedeschi sono interlocutori da evitare. Il modulo collaudato da Loew è il 4-2-3-1, con Klose terminale del gioco tedesco. Il laziale non ha fatto scintille nell’arco della stagione, ma sono in molti a pensare che si sia risparmiato per l’ultimo importante interpretazione di una carriera straordinaria, che lo ha portato a essere protagonista di ben quattro fasi finali dei Mondiali: nel 2002, in Sudcorea e Giappone; nel 2006, in Germania; nel 2010, in Sudafrica; nel 2014, in Brasile, appunto. Klose ha nel mirino il record di segnature di una leggenda del calcio tedesco: Gerd Mueller, infallibile goleader degli anni ’70, fermo come lui a quota 68. Basterà un gol al laziale per sopravanzare l’illustre predecessore che, tuttavia, a livello di media-gol a partita è inattaccabile, con il suo 1,1. Mueller segnò 68 reti in sole 62 partite, Klose è arrivato a 131 presenze, con una media-partita di 0,52. L’attaccante non può sperare di battere il record di presenze di Lothar Matthaeus che, con la maglia della Germania, è arrivato a disputare addirittura 150 partite, condite da cinque partecipazioni ai Mondiali: 1982, in Spagna; 1986, in Messico; 1990, in Italia; 1994, negli Stati Uniti; 1998, in Francia.
Portogallo – Il Portogallo può essere la mina vagante del Mondiale. Cristiano Ronaldo ne è il goleador, l’anima e il capitano, ma Bento può contare anche su altri calciatori d’esperienza, dotati di classe cristallina. Qualche nome? Moutinho, Nani o Coentrao e Pepe del Real Madrid. Il miglior piazzamento dell’ultimo decennio è il secondo posto nell’Europeo 2004, dopo una finale persa incredibilmente in casa contro la Grecia dei miracoli. Il miglior piazzamento ai Mondali risale al 1966, al terzo posto in Inghilterra, alle spalle proprio dei padroni di casa e della Germania Ovest. Era il Portogallo di un devastante Eusebio, espressione di un calcio che non c’è più. Altro piazzamento onorevole nel 2006: quarto nella rassegna iridata in Germania, alle spalle proprio dei tedeschi, della Francia e dell’Italia. Il Brasile può essere considerato un nuovo banco di prova per una Nazionale alla quale manca sempre un soldo per fare una lira, come si diceva un tempo. Il Portogallo, infatti, è un’eterna incompiuta, a prescindere dai talenti calcistisci che è riuscito a esprimere nella storia. La generazione dei terribili giovani si è esaurita da tempo (Figo e Rui Costa prima, Nani e Cristiano Ronaldo a seguire), in Brasile potrebbero mettersi in mostra altri protagonisti in cerca d’autore. Josuè del Porto è uno di questi ed è il più giovane che Bento porterà in Brasile: ala che può giocare a sinistra come a destra, all’occorrenza agisce anche come trequartista. Acquistato dal Porto nel 2013 è già stato accostato ai club più titolati di Liga o Premier. Il talentino dei Dragoes, però, ha un costo che in pochi al mondo possono davvero permettersi, al di là delle chiacchiere di calciomercato. Paulo Bento sta comunque facendo un ottimo lavoro, come selezionatore dei lusitani. Lui che è stato buon centrocampista fra gli anni ’90 e 2000, giocando con Oviedo, Benfica e Sporting Lisbona, ha una visione piuttosto completa, armonica ed elastica del calcio. Cominciò ad allenare nel 2005, portando i biancoverdi dello Sporting Lisbona alla conquista di cinque coppe nazionali. Nel 2009 venne chiamato dalla Federcalcio che lo incaricò di guidare la Nazionale: in Brasile sarà alla terza competizione ufficiale, per lui, dopo i Mondiali 2010 e l’Europeo 2012. Il suo sogno è di arrivare a una finale tutta in lingua portoghese, naturalmente contro il Brasile. Il Portogallo guidato da Paulo Jorge Gomes Bento, per approdare in Brasile, è dovuto passare per i playoff e per la sfida tutt’altro che semplice contro la Svezia di Ibrahimovic. Secondo nel proprio girone, rispetto alla Russia aveva ottenuto un punto in meno (21, contro i 22 della squadra di Capello), dunque si è visto costretto ad affrontare una pericolosa ‘appendice’, che si è trasformata in una specie di passeggiata di salute in Svezia, grazie alle prodezze di un incontenibile Cristiano Ronaldo. Proprio in quella circostanza, il madridista probabilmente mise in cassaforte il suo secondo Pallone d’Oro della carriera, stregando i grandi elettori.
Ghana – E’ considerato il Brasile d’Africa. Una definizione che la dice lunga sui meriti, le capacità e le potenzialità di questa Nazionale. Il Ghana è approdato alla fase finale dei Mondiali brasiliani a vele spiegate: in maniera netta e inequivocabile, sbaragliando la concorrenza dell’Egitto, cui ha rifilato un umiliante 6-1, prima di essere sconfitto nella sfida-bis (2-1), ridotta davvero a una pura formalità. La supremazia delle Stelle nere mai è stata in discussione e, nel verdetto finale, ha influito anche la ritrovata vena di un elemento come Kevin Prince Boateng, tornato in Nazionale e in gol proprio all’ombra delle piramidi, contro gli eredi dei Faraoni. Il trascinatore del Ghana, in Brasile, sarà proprio l’ex milanista – oggi allo Schalke 04 – che, assieme all’ex compagno di squadra Muntary e allo juventino Asamoah, formano lo zoccolo duro della squadra allenata da James Kwesi Appiah, ghanese di Kumasi, classe 1960, con un passato nell’Asante Kotoko (vi ha giocato per un decennio) e nella Juventus. Il compito che aspetta il selezionatore dei ghanesi non è dei più facili. Anzi. Il materiale umano a disposizione è di prima qualità, ma non sarà facile portare la termine l’opera di amalgama di tante stelle, fino a farle diventare una squadra, parte integrante di un progetto comune. Peraltro in poco tempo. Il problema dei ghanesi è proprio questo, sebbene alcuni di loro abbiano giocato assieme, negli stessi club, e si conoscano da anni. Dunque, problemi di assemblaggio per il ct che, per il resto, spera di tenere fede alle promesse. Dal momento che, quella ghanese, fra le squadre africane pronte a partite per il Mondiale, è la più attesa: le si chiede quantomeno la qualificazione agli ottavi di finale, se non addirittura di ripetersi, quattro anni dopo l’accesso ai quarti in Sudafrica. Nell’ultima Coppa d’Africa, il cammino del Ghana si è fermato in semifinale, quando si è arreso al Burkina Faso ai calci di rigore, ma ai Mondiali sarà diverso. Il reparto che fornisce la garanzie maggiori è il centrocampo, con Muntari, Asamoah e l’udinese Badu in grado di macinare chilometri ad alte velocità e ad altissime temperature, ma anche di assicurare qualità ed esperienza. In avanti ci pensa Asamoah Gyan, che detiene il record di gol in Nazionale (39), dopo averlo strappato all’ex torinista Abedi Pelè. Gyan ha un conto in sospeso con i Mondiali e in Brasile vuole riscattare l’errore dal dischetto commesso quattro anni fa, in Sudafrica, contro l’Uruguay, che privò il Ghana di una storica qualificazione alle semifinali. I ghanesi sono alla terza partecipazione di fila alla fase finale della Coppa del mondo Fifa: nel 2006, in Germania, si fermarono agli ottavi (passarono il primo turno assieme all’Italia), nel 2010 ai quarti, ma eguagliarono il primato del Camerun a ‘Italia ’90′. Nel ranking della Fifa, il Ghana è la seconda Nazionale africana, dopo la Costa d’Avorio.
Usa – Il cammino della Nazionale statunitense verso la fase finale del Mondiale brasiliano è stato meno tortuoso del previsto. Grazie soprattutto alla posizione nel ranking della Fifa, che ha permesso alla squadra guidata da Juergen Klinsmann di partire dal terzo turno, dove si è dovuta confrontare in un girone piuttosto agevole, pure troppo, per testare le proprie reali ambizioni: contro Giamaica, Guatemala e Antigua Barbuda, i giochi erano praticamente fatti. Solo un terremoto avrebbe potuto sbarrare la strada agli Usa, invece è stata una passeggiata di salute. La Nazionale a stelle e strisce – e non poteva quindi essere altrimenti – ha chiuso la classifica al primo posto; solo nel quarto turno, per via della presenza di squadre di ben altro lignaggio, come Costa Rica, Honduras, Messico, Panama e Giamaica, il livello di competizione si è alzato, senza per questo precludere la qualificazione agli Usa. Che, dopo gli ottavi di finale ottenuti in Sudafrica, quattro anni fa, in Brasile cercheranno di migliorarsi, magari con il sogno di ripetere la qualificazione ai quarti conquistata in Corea del sud-Giappone, nel 2002. L’impresa si annuncia disperata per gli yankee, che sono inseriti in un girone a occhio e croce senza storia, visto che le corazzate Germania e Portogallo non dovrebbero avere problemi di sorta a proseguire il cammino iridato. Klinsmann dispone di un gruppo esperto e affidabile, ma non mancano le carenze nel reparto arretrato, che vengono compensate da una maggiore completezza in avanti. Giocatori come l’ex romanista Bradley e Dempsey, che hanno maturato esperienze importanti, garantiscono una certa solidità, ma i problemi semmai sono altri. Grande assente della spedizione statunitense in terra brasiliana sarà Landon Donovan ritenuto il giocatore più rappresentativo: la sua esperienza si sarebbe miscelata alla perfezione con la freschezza e l’irruenza del giovanissimo attaccante Jozy Altidore, che gioca nel Sunderland, dopo essere esploso a suon di gol nell’Az Alkmaar, in Olanda. E’ stato lui a realizzare alcuni centri decisivi nelle sfide di qualificazione ai Mondiali. Per il ct Klinsmann, uno che di attaccanti se ne intende parecchio, si tratta del secondo Mondiale vissuto dalla panchina, dopo avere guidato la Germania nel torneo iridato perso in casa nel 2006. Ha vinto una Gold cup, ma questo potrebbe non bastare a trovare la strada giusta per gli ottavi di finale in Brasile. Solo un miracolo può permettere, infatti, agli statunitensi di andare al di là dei prevedibili gol di Cristiano Ronaldo e della cifra tecnica complessiva della Germania, che Klinsmann ha ben presente. Sarà curioso vederlo nel derby contro il suo ex vice Loew e contro la sua ex squadra. Una sfida nella sfida che aggiunge pepe a un girone che promette scintille, anche per via della presenza del Ghana.
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