Non sembrerà vero, ma la Oktoberfest, che si tiene ogni anno a Monaco di Baviera, in Germania, negli ultimi due fine settimana di settembre e il primo di ottobre, la più grande fiera del mondo, nonché la festa popolare della birra più nota del pianeta, che vede mediamente 6 milioni di visitatori ogni anno e il consumo di 7,5 milioni di boccali di birra, nella sua prima edizione che si tenne nel lontano 1810, non centrava un tubo, anzi un boccale, con il biondo nettare. Per poter sorseggiare un poco di birra si doveva addirittura uscire dagli spazi riservati, dai cosiddetti “prati di Teresa”, perché la birra non era ammessa all’interno.
Nella prima edizione si trattava, come si comprende dal nome del luogo, dei festeggiamenti in occasione del matrimonio del principe Ludovico di Baviera e della principessa Teresa di Sassonia. Nel Theresienwiese, il prato di Teresa, si svolse una gara di galoppo che ebbe molto successo e diede luogo alla sua ripetizione con l’aggiunta lungo gli anni di una fiera agricola e di tante attrazioni, tra danze popolari, musica e giochi vari. Nell’immediato dopoguerra si celebrarono più sobrie Feste d’Autunno, dove la birra era scarsamente alcolica ma rimase negli anni abbastanza fedele all’impronta originaria fino a che nel 1960 si tennero per l’ultima volta le corse di cavalli che poi furono eliminate. È una festa dove si spillano migliaia e migliaia di litri di birra dopo la tradizionale frase inaugurale, quasi onomatopeica, del sindaco di Monaco: « O’Zapft is!», è stappata, e allora parte il gioco di una fiera che non è solo una fiera dove trovare uno spazio espositivo o uno stand che prevede un’attesa di circa venti anni, ma un compendio in piccolo di quella che è l’idea di divertimento e di cultura del popolo teutonico, e qui si alternano per allietare i visitatori gruppi folkloristici, gruppi in uniforme storiche, orchestrine, bande musicali e suonatori, tiratoti agonistici e alpini, carri addobbati, cavalli da tiro, cavalli di razza, buoi, mucche capre, cavoli, e produttori di birra.
Oltre ad essere una fiera per le diverse attività produttive tedesche, a parte il fumo, che è stato bandito dalle tende dei bevitori, il “prato” rappresenta una sorta di pallone sonda per quelle che potranno essere le nuove attrazioni dei lunapark, perché di fondo si dà molta importanza alla famiglia e per far questo non si può non tenere presente il punto di vista dei più piccoli e dei ragazzi. L’Oktoberfest infatti è anche un grande lunapark, un paradiso per i bambini, ma anche per i genitori, che in mezzo a quel trambusto immancabile possono anche trovare delle vere e proprie oasi di riposo, in cui vederli giocare semplicemente su un prato.
Per analizzarne tutte le sfumature, e soprattutto per conoscere profondamente il protagonista, cioè la birra, non è sufficiente andarci solo una volta, figuriamoci attraverso le poche parole di un semplice articolo. Le case produttrici autorizzate sono tante e ricche di storia e di differenze sia nei sapori che nelle dinamiche di produzione, e la birra stessa racchiude nei suoi aromi una storia che parte quasi agli albori delle civiltà. Non ci rimane quindi che lasciarsi prendere dalle sensazioni che più riguardano la superficie, quello che comunque nel caso specifico fa anche il monaco, cioè dice la verità sul posto dove si è, e sul ruolo che si ricopre: l’abito.
Il “trachten” è il tradizionale completo Bavarese che ha ispirato una vera e propria linea di abbigliamento detta “landhausmode”, ispirata all’abbigliamento dei contadini, linea di abbigliamento che spesso i tedeschi usano anche durante le loro cerimonie nuziali. Ma specialmente quando si gira tra i padiglioni e gli stand di questa fiera immensa, sembra proprio di essere all’interno di un film d’epoca per la marea di persone che si vedono abbigliate in quella maniera. Nel 1896, tra le tante persone che spesso usano una parrucca per calarsi ancora di più nell’atmosfera della festa gioiosa, avremmo potuto trovare qualcuno che sembrava portare una parrucca, ma invece portava i suoi capelli naturali, il giovanissimo Albert Einstein in qualità di operaio. Anche il genio della fisica contribuì come carpentiere alla costruzione dei complessi tendoni per i bevitori, che alle volte richiedono mesi di lavoro.
Oggi è facile trovare donne che indossano il “dirndl”, il caratteristico costume femminile che nacque nel 1800 come uniforme delle serve austriache, e negli anni settanta di quel secolo cominciò a essere apprezzato dalla borghesia, fino a farne diventare un capo di alta moda. Anche oggi esistono versioni di ogni tipo di prezzo. Ma il vestitino classico che ai tempi era di colori pastello, per via delle tinte naturali, ora è diventato molto più colorato e dalle tinte accese, con delle camicette che in alcune versioni va verso un taglio decisamente sexy. Anche se questo vestitino sembra aver modellato i sogni del nostro Tinto Brass, è in realtà un capo di abbigliamento realmente “culturale”, che parla delle vecchie tradizioni, dei costumi intesi come “mores”, e che d’altronde aggiunge realmente sapere. Quando si trova una donna che indossa questo capo è giusto fare un po’ di attenzione, perché da quello si può capire la sua situazione sentimentale. Se il grembiule ha il nodo sul fianco sinistro, significa che la donna che lo indossa è libera, se invece è sul lato destro è il caso di dedicarsi a un buon boccale di birra e rinunciare a lei perché è impegnata.
Caratteristico dell’abito maschile è invece il classico pantalone bavarese di pelle, che spesso è venduto anche con la camicia a quadri. A completare l’abbigliamento servono le haferlschuhe, le scarpe tradizionali che la leggenda narra furono create nel 1803 dal calzolaio Franz Schratt, che le pensò ispirandosi allo zoccolo delle capre. Ma l’origine deve essere molto più antica e vicina alla nascita della birra. Le scarpe grosse, rinforzate e resistenti, dovevano servire al contadino per le dure giornate di lavoro, un buon boccale di birra per dissertarlo e mantenere fresco il suo cervello fino.