La Baviera paladina dei sapori

I tedeschi scendono in strada per protestare contro il Ttip, e sui muri appaiono manifesti che denunciano l’accordo commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti. In Italia nessuno se ne accorge, la maggioranza degli italiani lo ignora, perché pochi ne parlano. Il nostro premier è a favore, ma probabilmente neanche lui saprebbe spiegare in dettaglio che cosa si nasconde dietro quelle quattro lettere.

Quel che va bene all’America, deve andare bene anche a noi, come gli F35, i caccia che neanche l’aeronautica Usa vuole adottare. Ma per noi sarebbero un grande affare.

In estrema sintesi, il patto commerciale potrebbe essere così spiegato: tu compri quel che dico io come voglio io, tu vendi a me quel che decido io purché lo produci come ti impongo. È un gran vantaggio, sostiene chi è favorevole, perché così le nostre imprese avranno a disposizione un mercato molto più vasto e potranno ridurre i costi di produzione non dovendo più differenziare i loro prodotti per l’Europa e per gli Stati Uniti. Se fosse così semplice, perché mai le trattative a Bruxelles, in corso dal 2013, si svolgono nel più rigido segreto?

In qualche caso, come per l’industria automobilistica, per la verità, piegarsi alle pretese americane potrebbe essere ragionevole. Se loro vogliono misure più severe per la sicurezza dovrebbe andare bene anche per noi. Ma gli yankees si guardano bene dal seguire le nostre direttive per ridurre l’inquinamento. Che le loro vetture, ingombranti e senza cambio, consumino come un aereo, poco importa. E ci accusano di voler boicottare i loro modelli.

In realtà il Ttip, se realizzato, trasformerà il nostro vecchio, contraddittorio, insopportabile e affascinante Continente in una copia del Texas. Razionalizzare all’estremo significa uniformarsi su prodotti prefabbricati e congelati.

L’unica speranza è che ci salvi la Baviera, la regione dove si è più sensibili alle antiche tradizioni e dove è più attiva la resistenza contro i «mercanti senza anima», come gridano alle manifestazioni: «Save the Bratwurst», intitola a tutta pagina la Süddeutsche Zeitung, il quotidiano di Monaco. Salviamo il Wurst, e con lui tutti i prodotti regionali dell’Unione europea, cioè quelli più autentici e saporiti, che fanno parte della nostra civiltà. Vini, formaggi, salumi e pane verrebbero vietati perché non prodotti secondo i metodi praticati dall’Alabama alla California. Non credo che la ricotta siciliana indispensabile per la cassata sia conforme al Ttip. E il lardo di Colonnata, o il prosciutto di San Daniele? Il lardo è un prodotto medioevale, conservato nel marmo: orrore. Il prosciutto andrebbe venduto disossato, per ragioni igieniche, e preferibilmente congelato.

I prodotti tipici regionali, una ricchezza dell’Europa, aggiungerei «culturale» se non fosse una frase fatta, saranno garantiti da un marchio che ne assicura la fabbricazione con i metodi tradizionali, senza però occuparsi degli ingredienti. Dunque, una tipica mozzarella italiana potrà essere prodotta in Florida, e il consumatore non potrà sapere dove è stata prodotta, in Campania o in Louisiana. Questo lo denuncia il berlinese Tagesspiegel, ma non mi sembra che sia finito in prima pagina in Italia.

Il simbolo del Ttip dovrebbe essere il cocomero quadrato, come viene prodotto per facilitare l’imballaggio dai contadini a stelle e strisce (cresce chiuso nelle scatole, tutte delle stesse dimensioni).

I bavaresi temono per i loro asparagi che, sostengono, sono i migliori del mondo. Vero o falso, un domani nulla vieterà agli americani di spacciare i loro asparagi, belli e dal sapore di plastica, come bavaresi. E sarà vietato mettere in vendita il Weisswürst, la salsiccia bianca, da consumare in giornata (solo ai turisti viene offerta al pomeriggio). Personalmente non mi piace, come mi disgusta il sanguinaccio teutonico o toscano, ma perché gli europei dovranno adeguarsi ai pessimi gusti d’oltreoceano?

Gli americani provano orrore per i prodotti freschi. Sono in pericolo il camembert di Hollande e il nostro gorgonzola. Per non parlare della birra tedesca, o di quella belga, del Beaujolais nouveau, del formaggio di fossa e del miele selvaggio delle Asturie. Perché preoccuparsi di prodotti agricoli che, alla fine, rendono poco? Perché spiegano i principi ispiratori del Ttip: sarà impossibile continuare a vendere gran parte dei manufatti europei, i prodotti fabbricati in piccole serie, industriali ma con perfezione artigianale, che verranno messi fuori gioco dalle norme che favoriscono solo la grande produzione. Ci stiamo vendendo per un piatto di lenticchie. Congelate, s’intende.

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