Sono arrivati ieri in Baviera 18 speleologi italiani del CNSAS, il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico italiano. Parteciperanno alle operazioni di soccorso dello speleologo tedesco rimasto vittima sabato scorso di un incidente a circa 1000 metri di profondità. Si tratta di operazioni di soccorso molto complesse che richiedono l’impiego di tanti speleologi, e per questo il contributo di uomini e donne provenienti da varie parti d’Europa è importantissimo.
“Siamo in attesa di un mandato ufficiale da parte del Governo Federale Tedesco per iniziare le operazioni in grotta”, ha fatto sapere ieri la dirigenza del CNSAS. “Al momento i nostri tecnici – il cui aiuto è stato richiesto dal Bergwacht Bayern (Soccorso Alpino Bavarese), – sono fermi a poca distanza dall’ingresso della grotta e stanno per ora collaborando all’organizzazione delle operazioni di salvataggio con compiti di consulenza e indirizzo. Non appena la richiesta tedesca arriverà al Dipartimento di Protezione Civile italiano potremo dare il via ad una fase più operativa, con la penetrazione del nostro personale nell’abisso e l’avvio della fase di trasporto del ferito, in collaborazione con gli speleologi tedeschi. Per ora restiamo in attesa”.
Il grave incidente è avvenuto sabato scorso nella grotta Riesending-Schachthöhle, la più profonda grotta della Germania, ad una profondità di 980 metri. Una scarica di sassi ha colpito in testa un uomo di 52 anni, lasciandolo privo di sensi.
La grotta dell’incidente fa parte di un esteso sistema carsico situato a cavallo tra il confine austriaco e quello tedesco. Secondo quanto riportato dal sito Napoli Underground, la parte iniziale è formata da una lunga sequenza di pozzi alcuni dei quali profondi oltre cento metri. L’incidente sarebbe avvenuto alla base della zona a prevalente sviluppo verticale, a circa 950 metri di profondità, proprio al limite della zona freatica.
Gli incidenti nelle grotte presentano generalmente complicazioni ben maggiori di quelli che avvengono in montagna in zone aperte, perché le operazioni di recupero devono avvenire su corda, in ambienti chiusi, pieni di asperità e situati a volte anche a molta distanza dall’imboccatura.
Quanto più in profondità avviene un incidente, e quanto più lontano dall’ingresso della grotta, quanto più lunghe e complesse diventano le operazioni di soccorso (giorni di lavoro faticosissimo, svolto a mano con il solo aiuto di bloccanti). Il tutto avviene grazie all’esperienza di speleologi preparati, che in Italia sono addestrati nelle scuole del Soccorso Speleologico del CAI e divisi a livello regionale. Si tratta di volontari pronti a partire nel caso di necessità, a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Nell’agosto del 2007 ci fu in Italia un salvataggio rimasto storico per la quantità di soccorritori dispiegati, quello nella grotta di Piaggia Bella (Marguareis), sulle Alpi Marittime. Le operazioni di soccorso durarono 5 giorni, con centinaia di persone impiegate per recuperare un giovane croato rimasto ferito in profondità. A riguardo è stato realizzato anche un documentario, “La lunga notte”, di Gobetti e Biondi, che mostra di cosa è capace la solidarietà fra umani: centinaia di speleologi da tutta Italia impegnati per giorni in un lavoro durissimo e faticoso, per riportare all’aperto un altro speleologo.
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