Immigrazione, gestione "all’italiana"

Corto circuito? Sì. E dire che comunque le ricche casse della repubblica federale hanno potuto stanziare fino a sei miliardi di euro per far fronte all’emergenza. Come è vero che la Commissione Europea, sull’onda emotiva della foto del bimbo morto sulla spiaggia turca, ha moltiplicato le quote, come qualcun altro fece con pani e pesci. In Germania 31.433, in Francia 24.031, in Spagna 14.931 e via dicendo. Solo che il miracolo andrà fatto digerire ai singoli Stati. E tra tanti sì e qualche “ni”, già si stagliano all’orizzonte i no. Quelli dei quattro di Visegrad, al secolo Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Per la verità al governo di Budapest, con quell’Orbàn da dipingere il più possibile come un orco, non ne vorrebbero mandare. Ma a quello di Varsavia sì. Peccato che questa “Lega dell’Est” abbia già detto che non intende abbassare la testa. 

Quant’è “italiana”, quest’Europa. Che la crisi dei migranti ne abbia messo a nudo non solo l’atavica incapacità di produrre una politica estera comune, ma persino quella interna, è un dato di fatto. Ma che il clima emergenziale abbia finito per favorire una serie di decisioni rigorosamente “provvisorie”, tanto da far cadere in contraddizione i più stimati e presi ad esempio tra i governi del vecchio continente, era un italianissimo risultato sul quale nessuno avrebbe scommesso. 

Invece è proprio così: persino Angela Merkel, teutonica fermezza nell’imporre agli altri le proprie convinzioni economiche eppure armata delle migliori intenzioni in fatto di accoglienza, è scivolata malamente sullo sdrucciolevole terreno dell’immigrazione. Monaco di Baviera ha infatti provato sulla sua pelle cosa significa chiamarsi Lampedusa. Ventimila in due giorni: tanti i profughi siriani giunti da Budapest. L’accoglienza per i primi è stata trionfale, poi man mano che le ore passavano e i treni scaricavano sulla ricca stazione Hauptbahnhof il loro carico di umanità, s’è capito che il problema già vissuto nelle strutture di Italia e Grecia si sarebbe presentato. Il ministro bavarese ha tradotto la fatidica frase tante volte pronunciata dai governatori di regioni italiane (“i centro sono al collasso”) e la Cancelliera ha dovuto rispolverare l’amore per le regole: ricordando che “chi non ha diritto, dev’essere rispedito indietro”.  

Tant’è che, insieme ai controlli del Brennero invocati qualche giorno fa, tornano pure quelli al confine tra Austria e Ungheria. Dov’è accaduto esattamente quanto visto in Baviera: caroselli di gente che accoglie i primi “migranti”, poi la palla è tornata velocemente nelle mani di polizia e zelantissime guardie di frontiera.

Corto circuito? Sì. E dire che comunque le ricche casse della repubblica federale hanno potuto stanziare fino a sei miliardi di euro per far fronte all’emergenza. Come è vero che la Commissione Europea, sull’onda emotiva della foto del bimbo morto sulla spiaggia turca, ha moltiplicato le quote, come qualcun altro fece con pani e pesci. In Germania 31.433, in Francia 24.031, in Spagna 14.931 e via dicendo. 

Solo che il miracolo andrà fatto digerire ai singoli Stati. E tra tanti sì e qualche “ni”, già si stagliano all’orizzonte i no. Quelli dei quattro di Visegrad, al secolo Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. Per la verità al governo di Budapest, con quell’Orbàn da dipingere il più possibile come un orco, non ne vorrebbero mandare. Ma a quello di Varsavia sì. Peccato che questa “Lega dell’Est” abbia già detto che non intende abbassare la testa. 

Comunque sia, anche qualora riuscisse per intero sarebbe la soluzione per un solo terzo del complessivo problema attuale. Secondo i calcoli della Commissione, l’ammontare di 120mila migranti da ricollocare rappresenta appena il 36% degli ingressi che si sono registrati in Italia, Grecia e Ungheria. E gli altri? Resteranno dove sono, Italia compresa. Magari in attesa degli altri quattro milioni che l’Onu ha già previsto in arrivo nei prossimi anni. E dei nuovi “piani” da approvare sotto il dito accusatore dell’Onu, senza che nessuno vada a ricordare a Palazzo di Vetro che la causa di questo esodo è la vergognosa e sistematica opera di destabilizzazione di alcuni Paesi chiave perpetrata dalle grandi potenze, atlantiche ed arabe, negli ultimi anni. A loro però i “migranti” non arrivano.

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