di Vittoria Dolci –
30 settembre 2015 15:18
Applausi e tanto entusiasmo all’arrivo dei migranti arrivati lo scorso 5 settembre alla stazione di Monaco di Baviera. Questa l’aria di festa che si respirava in Germania all’inizio del mese, poi qualcosa è cambiato e il governo ha deciso di optare per misure più restrittive sul piano dell’accoglienza profughi. Al riguardo abbiamo intervistato l’economista Veronica De Romanis, biografa della cancelliera Angela Merkel.
Perché la cancelliera Angela Merkel ha deciso di “aprire” le porte della Germania ai profughi solo ultimamente e poi le ha chiuse “parzialmente”, adottando una sorta di selezione all’ingresso?
Ci sono quattro punti da tenere ben presenti. Primo punto: la Costituzione tedesca prevede che chiunque abbia diritto di asilo venga accolto. Quindi la cancelliera ha di fatto rispettato le regole. Secondo punto: il fatto che il governo abbia deciso di muoversi solo ora rientra in quello che io chiamo il “metodo Merkel”, cioè il suo modo di far politica che è quello di procedere lentamente quando c’è il consenso sia a livello politico sia a livello della popolazione. Infatti la stessa Merkel ha dichiarato come una decisione del genere richieda uno sforzo collettivo. Terzo punto: probabilmente si è sottostimato quello che sono gli stock* e quello che sono i flussi, così ingenti da essere difficili da gestire. Quarto e ultimo punto: non si tratta di selezione. In questo momento l’emergenza è in Siria e quindi sono i profughi siriani ad arrivare in quantità maggiore. È necessario sottolineare come la Germania stia accogliendo anche molti afghani.
Secondo lei accogliere i migranti in difficoltà è l’unica ragione della Germania?
Quello che la Merkel ha fatto in sostanza è imporre un metodo. Basta gestire il problema immigrazione sull’onda dell’emergenza. Occorre, invece, che venga amministrato in maniera strutturale. E’ chiaro anche che un paese come la Germania, che invecchia più degli altri 28 dell’Unione Europea, abbia bisogno di manodopera nei prossimi anni. In sostanza la Merkel ha trasformato un problema in un’opportunità: per integrare i migranti Berlino ha già stanziato 10 miliardi di euro. Si tratta di una strategia e di una crescita di lungo periodo.
Come mai il “blocco dell’Est” continua a dire “no” all’accoglienza. Di cosa ha paura?
Si tratta di democrazie giovani, quindi si è di fronte a un problema di stabilità politica che va gestito. Su questo, a mio avviso, la Merkel ha risposto in maniera molto chiara, perché ha sperimentato su di lei, avendo passato 35 anni dall’altra parte del muro, che alzare barriere non serve perché prima o poi cadono. Alzare muri è una soluzione miope.
Il voto relativo al ricollocamento dei 120 mila rifugiati arrivati in Europa ha ancora una volta messo in evidenza la spaccatura interna all’Ue. Che scenari futuri dobbiamo aspettarci?
È chiaro che ogni Paese deve fare la sua parte. I Paesi dell’Est hanno ottenuto un incremento del budget 2014/2020 rispetto a quelli dell’Ovest nella redistribuzione dei fondi europei. Quindi ci si aspetta la stessa solidarietà che loro hanno ricevuto dall’Europa. Inoltre credo che l’Ue possa avere un futuro solo se non viene vista come l’unione di tanti egoismi nazionali. Possiamo dire che su questo la Germania si è fatta portatrice di un nuovo metodo e si attende che ora anche gli altri Paesi facciano la loro di parte.
Cosa pensa dell’indiscrezione riportata da molti quotidiani sul fatto che il governo tedesco fosse a conoscenza delle emissioni “truccate” da Volkswagen?
Non vedo perché il governo tedesco dovrebbe mentire. Non denunciare una cosa del genere è un rischio altissimo. Lo scandalo mina la credibilità dell’azienda e ci vorrà del tempo per ricostruirla. Occorre anche sottolineare come il governo al riguardo sia stato molto chiaro, chiedendo la massima trasparenza e muovendosi per punire i colpevoli.
* Ndr: Contrariamente a quanto avviene per la definizione dei flussi migratori, non esiste una definizione internazionale consolidata che identifichi lo stock di immigrati. In senso stretto, tenendo conto della definizione dell’evento migratorio, lo stock di immigrati residenti in un paese dovrebbe essere formato da quanti, nel proprio passato, hanno sperimentato una migrazione internazionale. Tuttavia, tale definizione si rivela inadeguata quando, ai fini di analisi e di politiche, si deve identificare il gruppo derivante da migrazioni internazionali. In realtà l’interesse ad identificare e contare gli immigrati residenti fa riferimento alle “origini” di tale popolazione, più che alle esperienze migratorie in senso stretto. Esistono molteplici soluzioni per dare una definizione statistica e quindi operativa al termine “origine”. (Fonte Istat)
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