E’ facile immaginare il castello delle favole. E’ costruito su una montagna impervia, sul ciglio di una gola vertiginosa, circondato da speroni di roccia e fitti boschi. Naturalmente è bianco, con un portone maestoso al centro di una parete rossiccia, del colore del cotto. Le sue mura sono quasi ricamate e si allunga verso il cielo con snelle torri dai tetti azzurri. All’interno di una delle quali, una bellissima principessa piange l’ingiusto isolamento dal mondo voluto dalla matrigna cattiva. E, dalla sua finestra, la principessa può vedere un lago, con accanto un castello più piccolo di colore dell’oro dove, naturalmente, vive un bellissimo principe dagli occhi cerulei.
Una fiaba che, nel sud della Baviera, si avvicina alla realtà. Pur mancando la principessa triste, il principe esisteva davvero: è Ludwig II di Baviera, alto, bello e con gli occhi azzurri, e, soprattutto, ideatore del castello di Neuschwanstein, a pochi chilometri dalla cittadina di Füssen. Un posto dal nome ostico ma la cui attrazione principale, il castello appunto, è nota in tutto il mondo. Nel 1959, infatti, Walt Disney lo scelse come modello per la residenza de «La bella addormentata nel bosco» e oggi è il simbolo dei parchi Disney. E, di conseguenza, di tutti i castelli in cui vive una principessa.
Un viaggio in quest’angolo della bassa Baviera non offre però solo una visita al castello delle favole. Anche Füssen, è ricca di tesori da scoprire, sebbene un po’ trascurati a vantaggio delle più «spendibili» maestosità e fascino del Neuschwanstein. Pochi sanno che anche in paese c’è un castello. Certo, è piccolo e decisamente poco sontuoso, ma al suo interno trova posto gran parte della collezione dei dipinti bavaresi con capolavori del periodo tardo gotico-rinascimentale. Lo Hohes Schloss (Castello alto) fu la prima residenza estiva dei principi-vescovi di Augsburg ed è uno dei più antichi e meglio conservati complessi dell’età tardo gotica della Svevia. Appena sotto, si trova il complesso barocco dell’ex monastero benedettino di Sankt Mang, la cui storia risale al nono secolo. La bicicletta è il modo migliore per scoprire i dintorni del centro abitato. Con le piste ciclabili si arriva in poco tempo al lago Weisensee che regala scorci da film fantasy tra profumi di resina e di frutti di bosco. Ma all’attrazione di Neuschwanstein non ci si può comunque sottrarre.
Da ogni angolo fa capolino un tetto azzurro o uno spruzzo di quel bianco luminoso che riveste le pareti della «nuova residenza del cigno». Un richiamo costante a visitarlo. Una seduzione continua. Forse è anche questo il motivo per cui è la destinazione scelta, ogni anno, da oltre un milione e mezzo di turisti. Ma i sogni non sono facili da raggiungere, e Neuschwanstein ne è la prova. Per arrivare ad ammirarne gli incredibili interni, dopo una lunga fila alla biglietteria per accaparrarsi il tagliando che consentirà di varcare il portone con una audioguida in italiano, bisogna percorrere una ripida stradina. A piedi si impiega circa mezz’ora: una passeggiata ombreggiata dagli alberi secolari e dal susseguirsi di casette, un tempo abitazioni delle maestranze che lavoravano alla costruzione del maniero, i cui balconi sono adornati di fiori in ogni stagione dell’anno. Il castello ora scompare ora riappare.
Di mattina presto gioca a nascondino con la nebbiolina che sale dal lago. In inverno si confonde col candore della neve. Solo dopo l’ultima curva si rivela in tutta la sua magnificenza. L’ampio cortile che si apre al di là del portone ne è l’anticamera. Una volta dentro, è la potenza delle opere wagneriane a dettare la linea.
Il maniero sognato da Ludwig è un trionfo di decorazioni. Parsifal, Sigfrido, Tristano e Isotta rivivono nei dipinti che adornano le sale. L’intreccio di dettagli rivela la capacità del giovane re di guardare oltre il suo tempo e di esaltare il bello come nessun altro prima. Rubinetti a forma di cigno, omaggio al Lohengrin, da cui scorreva acqua calda grazie ad un ingegnoso passaggio dei tubi sopra i fuochi delle cucine, una grotta con la cascata, vicina al giardino d’inverno, legni intarsiati come pizzo. E nel passaggio tra un ricco salone e straordinarie stanze di rappresentanza, una finestra rimanda al lago e al castello dove Ludwig visse la sua adolescenza intrecciando quei rapporti di amicizia che ne esaltarono l’estro creativo: Hohenschwangau, il castello d’oro rinato dalle rovine di una fortezza medievale. Finita la visita, uscendo dalla porta laterale, si può imboccare una strada che gira dietro il castello ed arrivare, in pochi minuti, al Marienbrücke, il ponte di Maria. Dedicato alla madre di Ludwig II, è sospeso sopra la gola del Pöllat: una sfida anche per chi non soffre di vertigini. Da qui, però, la vista è da togliere il respiro e rivela la mano dello scenografo che aiutò Ludwig a realizzare il suo sogno. Per costruirlo il sovrano spese ben oltre le sue possibilità ma non riuscì a goderne a lungo: visse qui infatti solo 170 giorni prima di annegare nelle fredde acque del lago di Starnberg. Una tragica fine, ma ormai il suo castello lo aveva reso immortale.