SAN VINCENZO. Venerdì 19, al tribunale di Livorno, seconda udienza del processo contro il bracconiere di 43 anni, unico imputato per aver sparato e abbattuto due esemplari di ibis eremita da un appostamento nel territorio di San Vincenzo nell’ottobre 2012.
Caso che già allora suscitò discussioni e polemiche anche perché il cacciatore (di Camaiore) aveva ucciso sia Goja, prima e unica ibis eremita ad aver imparato a percorre da sola (senza la guida del paraplano, come da progetto internazionale Waldrappteam , insegnandola ad altri) la rotta di migrazione dalla Baviera alla Toscana, che il figlio Jedi. Polizia provinciale e forestale l’avevano identificato grazie al gsm dell’uccello. Plauso dal Wwf per rapido risultato, la Lipu chiese una condanna esemplare.
Ora è la Commissione europea a chiedere giustizia. Lo fa con una lettera inviata da Anne Burrill, vice responsabile dell’ Unità Life+ alla direzione generale ambiente della Commissione europea al gruppo di ricercatori Waldrappteam che, grazie al progetto Life+ “Reason for Hope” cofinanziato dall’Ue, sta tentando di reintrodurre in natura (appunto con la migrazione guidata) questo uccello leggendario estinto in Europa da quattrocento anni.
«La nostra Unità – scrive Anne Burrill – è stata informata che un tribunale Italiano ha iniziato un processo a carico di un cacciatore italiano che ha ucciso due ibis eremita. La Commissione è profondamente preoccupata che il bracconaggio in Italia possa inficiare gli obiettivi ed i risultati del vostro progetto Life+». Ed ecco che l’Europa
chiede di conoscere le ripercussioni di questi casi di bracconaggio sulla specie protetta e come l’Italia intenda garantire che non ci saranno più uccisioni nel corso delle prossime migrazioni dalla Germania e Austria all’ oasi WWF di Orbetello scelta come luogo di svernamento.