Da Foggia alla Baviera: lo studio di successo di un gruppo pugliese

Da Foggia alla Baviera: lo studio di successo di un gruppo pugliese

Pubblicato Sabato, 13 Settembre 2014 18:05

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Quando l’eccellenza arriva dai piccoli centri (e non sarebbe la prima volta). Sono la dott.ssa Maria Pia Foschino,direttore della Struttura complessa di malattie dell’apparato respiratorio dell’Azienda ospedaliero universitaria Ospedali Riuniti di Foggia e direttore del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche dell’Università di Foggia,e la dott.ssa Giovanna Carpagnano che hanno diretto un gruppo di ricerca su un argomento decisamente nuovo nel campo della prevenzione dei tumori all’apparato respiratorio. Questo studio è stato di recente presentato durante il congresso della Società europea di malattie dell’apparto respiratorio a Monaco di Baviera, in Germania, riscuotendo grande successo e tanti apprezzamenti da parte dei colleghi presenti.

Il merito dei ricercatori dauni è stato l’aver messo a punto un sistema molto semplice ma efficace per scoprire se un dato paziente è affetto da tumore al polmone. Si tratta di misurare la temperatura del respiro e se questo supera una data soglia si può ipotizzare un evento tumorale in atto. Secondo gli scienziati il tumore al polmone, causando una infiammazione delle vie aeree e una maggiore vascolarizzazione, causa anche un aumento della temperatura del respiro e quindi basta rilevarla per ipotizzare lo svilupparsi della malattia. Gli esperimenti effettuati dal gruppo di studio hanno visto un insieme di 82 persone con sospetto tumore al polmone essere monitorati per rilevare la temperatura del loro respiro; 40 di questi, risultati poi effettivamente affetti da neoplasia, avevano una temperatura del respiro molto più alta rispetto ai soggetti sani. In particolare, è stata evidenziata come soglia limite oltre la quale esiste la possibilità di una forma tumorale quella dei 34°C. Le misurazioni sono state condotte con uno strumento chiamato Xhalo, un apparecchio innovativo che è appunto specificatamente progettato per rilevare la temperatura dell’aria esalata. Il paziente deve solamente respirarci dentro per un paio di minuti il che lo rende molto pratico e facile da accettare come esame perché assolutamente non invasivo.

Lo studio è stato dunque un successo ma i ricercatori foggiani per ora non si sbilanciano. Il metodo, pur valido, non è ancora stato testato su larga scala e ci vogliono inoltre ulteriori riscontri, oltre che un processo ancora più standardizzato, per far sì che questa pratica risulti accetta come metodologia diagnostica a tutti gli effetti. Tuttavia c’è grande soddisfazione per aver dato il via a nuovi aree della ricerca.

 Alessio Morrone

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