Genova – L
a stagione dei grandi progetti è finita, ma dalla circospezione con cui gli operatori specializzati parlano della possibilità di realizzare un “retroporto-Italia” vicino a Monaco di Baviera, significa che l’ipotesi non è campata per aria.
Del resto l’operazione – per quanto politicamente “forte”: creare un presidio italiano in Germania – alla fine consiste in una partecipazione azionaria. In pratica, ci sarebbe da mettersi d’accordo su chi partecipa e dimostrarsi credibili in un contesto estero: ci si può riuscire.
L’ipotesi circola almeno da un anno. Il maxi-interporto di Monaco – dove viene smistata quasi tutta la merce in entrata e uscita dalla Baviera – è vicino alla saturazione. Da tempo si sta parlando di realizzare una nuova struttura. L’idea del governo è quella di aprire un terminal nei pressi di Augsburg (Asburgo), 50 chilometri a Nord di Monaco. Una struttura la cui gestione andrebbe, come usa in Germania, in maggioranza alla Deutsche Bahn, tramite la società dedicata Duss.
La gestione sarà a maggioranza pubblica: una quota del terminal andrebbe ad autorità locali e ferrovie, una parte sarebbe privata. All’incontro annuale sulla logistica di martedì presso la Camera di commercio italo-tedesca, l’ipotesi è stata rilanciata da Maurizio Maresca, docente dell’Università di Udine ed ex numero uno dell’Autorità portuale di Trieste. Non un caso: un anno fa la banca Unicredit aveva valutato questo dossier – prima di ritirarsi dagli ambiziosi progetti sulla logistica, vedi il terminal container da costruire a Monfalcone con Maersk.
L’utilità di gestire un terminal in Baviera è presto detta: per i porti e gli operatori logistici italiani quest’area è quasi un sogno proibito. Già oggi ci vuole tutta a mantenere il traffico sulla Pianura Padana contro la concorrenza dei porti del Nord Europa. La Svizzera sarebbe una conquista, la Baviera – con i suoi numeri da capogiro – il non plus ultra. Entrambe le aree negli anni Sessanta erano già servite dal porto di Genova. Ma col tempo, la Lanterna ha perso la sua posizione di vantaggio sui porti del Nord Europa, più facilmente raggiungibili grazie all’aumentata velocità delle navi, e ai migliori collegamenti con l’entroterra. Oggi che il carburante costa di più, le compagnie di navigazione stanno riacquistando interesse per i porti del Sud – come sottolinea da tempo il presidente degli agenti marittimi genovesi, Gian Enzo Duci. La compagnia tedesca Hapag Lloyd è oggi il cliente più importante sotto la Lanterna. Sebastian Lechner, segretario generale dell’Associazione trasportatori e aziende di logistica della Baviera (Lbt) mercoledì esortava gli spedizionieri a intrecciare contatti tra Italia e Germania. Insomma, una quota “importante” sul retroporto di Asburgo permetterebbe di gestire e aumentare i flussi di merce da e per la Baviera, utilizzando meglio i porti dell’Italia, oggi svantaggiati da una rete interna totalmente in mano tedesca, e quindi più propensa a spingere verso Nord i flussi commerciali di quest’area, il cui valore dell’export si aggira ogni anno intorno ai 100 miliardi di euro. Augsburg infatti si trova in un punto strategico, per tutti i grandi porti del Nord Italia. Via Basilea è collegata al corridoio Genova-Rotterdam – quindi al porto del capoluogo ligure e a quello di Savona; via Brennero al porto della Spezia; via Klangenfurt con il corridoio Baltico-Adriatico, che termina con Trieste ma si può spingere fino a Venezia.
Chi potrebbe entrare in società? Non un vettore, perché il rischio è un conflitto con le ferrovie tedesche. Meglio sarebbero soggetti terzi, partner di mestiere che magari già oggi lavorano con la Germania, come l’Interporto di Bologna, quello di Padova, ma anche quello di Novara oppure il Quadrante Europa di Verona. Sfruttando l’articolo 6 della legge nei porti, anche le Autorità portuali possono entrare con nella gestione dell’opera.
«Trovo l’idea molto interessante – ha detto Lorenzo Forcieri, presidente del porto della Spezia-. Ci potrebbe essere l’interesse a partecipare sia da parte degli interporti, sia delle Autorità Portuali italiani». Si possono valutare le disponibilità – dice Lorenzo Forcieri, presidente del porto della Spezia -. Certo la cosa rappresenterebbe anche un riequilibrio della presenza italiana in Germania». Contship, non è solo la società cui il porto di Spezia deve in sostanza il suo successo, ma è anche il maggiore terminalista italiano ed è controllata dal gruppo Eurogate di Amburgo. Dal porto di Savona sottolineano come dalla Germania considerino lo scalo un tutt’uno con Genova, mentre Alessandro Ricci, presidente dell’Inteporto di Bologna e dell’Unione interporti riuniti dice che «si tratta di un’ipotesi interessante. Meglio non parlarne adesso, ma se ci saranno gli spazi per andare a fondo sulla questione sicuramente ne parleremo volentieri».
ALBERTO QUARATI
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