VIENNA Alla partenza da Vienna hanno ricevuto il sostegno di chi ha salutato l’avvio del lungo corteo di auto: «Diteglielo chiaro, forte, che i rifugiati sono benvenuti qui». Oltre 300 volontari, in gran parte austriaci e tedeschi, si sono messi in viaggio nel primo pomeriggio con 140 macchine verso l’Ungheria per raggiungere i rifugiati che non sono riusciti a salire a bordo di pullman e treni per lasciare il Paese e condurli in Austria. Tutti consapevoli dei rischi: «Devono essere folli se ci arrestano per il fatto di aiutare persone che hanno deciso volontariamente di venire in Austria» ha detto Kurto Wendt, uno dei promotori dell’iniziativa #CarsOfHope, cresciuta con il tam-tam sui social network dopo che migliaia di rifugiati erano rimasti bloccati per giorni, senza aiuti, nella stazionedi Budapest.
Con loro hanno portato acqua, cibo, abbigliamento e peluche, ma anche biglietti con i numeri di telefono di avvocati pronti all’assistenza legale in caso di arresto. Il rischio è concreto: «Gli automobilisti arrivati dall’Austria per soccorrere i migranti rischiano l’accusa di traffico di esseri umani nel caso decidessero di trasportare a bordo delle proprie auto i migranti» ha messo in guardia un portavoce della polizia ungherese. «Il nostro rischio è minimo rispetto a quello dei migranti – ha sottolineato Wendt – Dieci ragazzini sono stati ricoverati nella notte, la gente è affamata e vestita poco. Ogni giorno rischiano di morire, dobbiamo fare qualcosa». Cinque gli italiani nel corteo e tra questi Valeria Verdolini, sociologa del Diritto alla Statale di Milano: «Credo che sia legittimo farsi carico, da europei, di un’accoglienza differente e non commuoversi e basta».
La marea umana in movimento verso l’Austria e da lì verso la Germania non si arresta. Centinaia di persone ieri hanno lasciato i campi di accoglienza in Ungheria per dirigersi al confine: la maggior parte a bordo dei treni, spesso senza neppure il biglietto, altri a piedi, sulle orme di quelli che sabato sono riusciti a far saltare le regole della convenzione di Dublino, facendo spalancare le frontiere.
Migliaia di profughi passano la frontiera con l’Ungheria La Germania: «Misura straordinaria, niente limiti ad asilo»
Mille hanno attraversato a piedi il confine all’alba a Nickelsdorf e qui, come chi li ha preceduti, sono stati fatti salire sui convogli per Vienna e Monaco. Oltre 13mila persone, secondo le ferrovie austriache, sono state trasportate in Germania, una cifra confermata dal ministero dell’Interno tedesco (8mila sabato, 5mila ieri) che potrebbe a breve superare quota 20mila. «È stato molto toccante vedere le persone a Budapest gridare “Germania, Germania”» ha detto la cancelliera Angela Merkel, parlando di «sfida nazionale», ribadendo la necessità di «un’equa distribuzione» degli oneri e di una revisione della politica d’asilo europea.
Settemila profughi sono arrivati – accolti dagli applausi e dalla solidarietà dei cittadini – solo in Baviera, il più grande land della Germania, che ha chiesto aiuto alle altre regioni del Paese: «Non possiamo farcela da soli». L’apertura è costata ad Angela Merkel le critiche della Csu, la formazione bavarese conservatrice, alleata della cancelliera: «Non possiamo accogliere quasi tutti i profughi, la cancelliera dica come intende fermare il flusso» ha sentenziato il segretario Andreas Scheuer. Tensioni ieri anche a Dortmund, dove nella notte un gruppo di estremisti di destra ha protestato contro l’«invasione» scontrandosi con polizia e militanti di sinistra: nei tafferugli 4 arresti e 5 feriti lievi.
Il governo austriaco, di concerto con Berlino, ha annunciato ieri che i controlli alle frontiere saranno ripristinati gradualmente, una decisione che dovrebbe mettere fine agli arrivi incontrollati dalla rotta balcanica: «Dobbiamo tornare passo passo dall’emergenza alla normalità conforme alla legge e dignitosa per le persone».
Secondo la polizia magiara, 165.928 migranti sono entrati in Ungheria da gennaio lungo la rotta balcanica, mentre nei viaggi della speranza nel Mediterraneo, ha stimato l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) 2.800 persone sono morte. Gli arrivi via mare sono stati 366.402 (il 51% siriani): 244.885 sono sbarcati in Grecia, 119.000 invece in Italia.
La pressione sulla Grecia resta fortissima: ieri scontri sono scoppiati tra migranti e polizia nell’isola di Lesbo, dove da più di due settimane 17mila profughi sono bloccati in attesa di essere registrati in condizioni igieniche ormai insostenibili. Trecento persone a Mitilene hanno cercato di sfondare le barriere che li separano dagli imbarchi, ma sono stati respinti con durezza dagli agenti: «Bisogna evacuare immediatamente i rifugiati» ha chiesto l’Unhcr.
Davanti a un’emergenza che non accenna ad allentarsi, l’Europa continua ad arrancare. Ieri la Gran Bretagna ha confermato il suo «no» al sistema di quote permanenti e obbligatorie previsto dal piano Juncker (posizione condivisa da Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia), ma ha annunciato che accoglierà 15mila rifugiati dalla Siria. Il pacchetto degli interventi Ue sarà presentato mercoledì all’Europarlamento.
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