di Giulia Zanotti
Mancano pochi giorni al Natale del 1978 quando Loretta Rossati lascia la sua casa di Torino, dove vive con i genitori, per andare a trascorrere un periodo di vacanza a Ausgburg, in Germania. Una cittadina della Baviera che la ventiduenne conosce bene: qui infatti vive e lavora il suo fidanzato e appena può Loretta si reca da lui per passare del tempo insieme. Eppure, questa volta da lì la ragazza non farà più ritorno.
Svanita nel nulla, senza lasciare traccia, senza più dare notizie di sé alla famiglia che l’attende a casa per Natale, ma che dovrà invece denunciarne la scomparsa alla polizia. Si avviano le indagini, si cerca Loretta lungo tutto il tragitto che da Torino l’ha portata in Germania e per le vie di Ausgburg. Ma non c’è nessun indizio che riconduca alla giovane.
Un vero e proprio mistero durato fino ad oggi e per ben 35 anni. Già, perché per conoscere che fine ha fatto Loretta è stato necessario attendere i progressi della scienza che negli ultimi anni tanto ha modificato il modo di lavorare del detective. A svelare la tragica fine di Loretta è il suo dna, che coincide perfettamente a quello di un cadavere carbonizzato ritrovato agli inizi del 1979 proprio vicino ad Ausgburg. Corrispondenze, quelle tra le piccole eliche che formano il patrimonio genetico di ciascuno di noi, che non sbagliano. E che come nel 2004 avevano escluso che il corpo della torinese avesse trovato la sua sepoltura in Francia, ora invece ci dicono che da quel viaggio in Germania la ventiduenne non è più tornata.
Non solo. Infatti, dopo tutto questo tempo è stato anche possibile scrivere un nome sul registro degli indagati per questo cold case. Omicidio volontario è l’accusa che il pubblico ministero Stefano Castellani, che coordina le indagini della Squadra Mobile di Torino, ha formulato nei confronti dell’allora fidanzato della Rossati. Anche se la sensazione è che si dovrà attendere ancora prima di sapere cosa è successo esattamente tra i due ragazzi quel Natale del lontano 1978.
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