Nel frattempo, da Monaco di Baviera, Pep Guardiola ha già mandato il suo voto per le elezioni.
Quello in calendario oggi, domenica 27 settembre, non è certo un referendum sull’indipendenza della Catalogna: sarebbe illegale per la Costituzione spagnola. Il presidente del Barcellona, Josep Maria Bartomeu, da parte sua, ha assicurato che il club restera’ “neutrale” sulle rivendicazioni di indipendenza della Catalogna. Il risultato è stato sorprendente: escluse le due presenti in Liga (Barça ed Espanyol appunto) tra le altre 18 che andrebbero a comporre il nuovo campionato soltanto due squadre hanno giocato in Liga nella loro storia, nove squadre hanno come massimo campionato mai disputato la Segunda división (l’equivalente della Serie B), cinque sono arrivate al massimo alla Segunda división B (l’equivalente della Serie C) e due non sono mai andate oltre la Tercera división (la nostra Serie D). L’intransigenza di Tebas riflette chiaramente quella dello stato centrale e sembra difficile che in una battaglia politica e ideologica così furiosa si possa concedere ai club catalani una deroga per poter giocare in Spagna anche in caso di indipendenza: l’unico Stato sovrano a goderne, attualmente, è l’Andorra. Il tecnico del Bayern è stato simbolicamente candidato alle regionali catalane sulla lista indipendentista promossa dal presidente uscente Artur Mas.
Più conciliante è stato invece Cardenal: “Il Barcellona è un club che, come molti altri in Spagna, ha portato in alto il nome del nostro paese. Difficilmente vedremmo arrivare ogni anno grandi campioni, il Barça rischierebbe di diventare una corazzata in campo nazionale ma fondamentalmente una squadra che si basa esclusivamente sul proprio settore giovanile, come l’Ajax o il Celtic”.