La Tour Eiffel spenta nella notte di Parigi non si riflette nella Senna. Il fiume scorre lento e porta con sé nei quartieri l’ombra del sangue versato. Ma non c’è tempo per piangere in una Francia che si sente in guerra. Né può averne l’Europa, dove pure le candele e i fiori si accumulano davanti alle ambasciate, dal Portogallo fino a Mosca. L’ultima ad esser stata colpita duramente (la convinzione generale in merito all’origine dolosa del disastro aereo in Sinai resta tutta) dai criminali dell’Isis.
Ma gli angoli d’Europa che si scoprono coinvolti in questa vicenda sono tanti, troppi per chiuderla dentro al recinto di una tragedia solo francese. Il che sarebbe forse rassicurante per i suoi vicini. Ma può esserlo per la Grecia che ha accolto a Lesbo, un mese fa, uno degli attentatori? Può esserlo per la Germania che ha intercettato, una settimana fa, un corriere di armi diretto a Parigi? Può essere per il Belgio che, come dopo le stragi parigine di gennaio, ha visto i sobborghi della sua capitale messi a soqquadro dalla caccia ai complici degli assassini? E per l’Inghilterra che ha fatto evacuare l’aeroporto di Gatwick per un cittadino francese con una pistola nella valigia?
La realtà ci dice così di una Parigi blindata, come non lo era dal 1944. Gli ultimi elementi emersi dicono che una delle auto nere utilizzate dagli attentatori fuori dai ristoranti aveva una targa belga. Così il blitz è scattato a Moolenbeck,sobborgo brussellese: cinque arresti, tra cui l’uomo che aveva affittato l’auto a noleggio e un altro soggetto, che la sera precedente era a Parigi. Le Procure belga e francese stanno collaborando e dal filone di Bruxelles si conta di far emergere elementi fondamentali per l’inchiesta.
Che intanto ha quasi appurato la nazionalità di due dei kamikaze: uno aveva passaporto siriano, aveva richiesto asilo sbarcando lo scorso 3 ottobre sull’isola greca di Lesbo e aveva ottenuto lo status di rifugiato. L’altro documento ritrovato è di un egiziano. Un terzo attentatore sarebbe un cittadino francese: oltre che dal passaporto ritrovato accanto al corpo, il terrorista dovrà essere identificato dalle impronte su un dito sezionato. L’uomo, 20 anni, sarebbe già noto ai servizi di sicurezza e schedato per la sua vicinanza con gli ambienti islamici più radicali e ritenuti a rischio. È cresciuto in una banlieu. Tutto, lascia intendere il Procuratore, fa pensare che i tre commando che hanno agito venerdì fossero in contatto con cellule jihadiste siriane: beffardo caso, parte di quella “opposizione siriana” che la Francia ha a lungo coccolato. Sul territorio nazionale vengono ricercati anche eventuali complici.
Un aiuto fondamentale potrebbe inoltre arrivare dalla Germania. In Baviera è stato fermato un 51enne montenegrino, che stava percorrendo l’autostrada Salisburgo-Monaco, diretto a Parigi: è stato fermato per un controllo di routine sul traffico di miranti la scorsa settimana, verso le 8 del mattino all’altezza di Rosenheim, in Baviera. Ad un primo controllo alla sua Golf, nel bagagliaio, i poliziotti hanno scoperto una pistola. Ulteriori perquisizioni hanno portato alla scoperta di 8 kalashnikov, 2 pistole, 1 revolver, munizioni, 2 bombe a mano e 200 grammi di Tnt. Armi che viaggiavano, guarda caso, sulle stesse rotte dell’immigrazione.
La Tour Eiffel spenta nella notte di Parigi non si riflette nella Senna. Il fiume scorre lento e porta con sé nei quartieri l’ombra del sangue versato. Ma non c’è tempo per piangere in una Francia che si sente in guerra. Né può averne l’Europa, dove pure le candele e i fiori si accumulano davanti alle ambasciate, dal Portogallo fino a Mosca. L’ultima ad esser stata colpita duramente (la convinzione generale in merito all’origine dolosa del disastro aereo in Sinai resta tutta) dai criminali dell’Isis.
Ma gli angoli d’Europa che si scoprono coinvolti in questa vicenda sono tanti, troppi per chiuderla dentro al recinto di una tragedia solo francese. Il che sarebbe forse rassicurante per i suoi vicini. Ma può esserlo per la Grecia che ha accolto a Lesbo, un mese fa, uno degli attentatori? Può esserlo per la Germania che ha intercettato, una settimana fa, un corriere di armi diretto a Parigi? Può essere per il Belgio che, come dopo le stragi parigine di gennaio, ha visto i sobborghi della sua capitale messi a soqquadro dalla caccia ai complici degli assassini? E per l’Inghilterra che ha fatto evacuare l’aeroporto di Gatwick per un cittadino francese con una pistola nella valigia?
La realtà ci dice così di una Parigi blindata, come non lo era dal 1944. Gli ultimi elementi emersi dicono che una delle auto nere utilizzate dagli attentatori fuori dai ristoranti aveva una targa belga. Così il blitz è scattato a Moolenbeck,sobborgo brussellese: cinque arresti, tra cui l’uomo che aveva affittato l’auto a noleggio e un altro soggetto, che la sera precedente era a Parigi. Le Procure belga e francese stanno collaborando e dal filone di Bruxelles si conta di far emergere elementi fondamentali per l’inchiesta.
Che intanto ha quasi appurato la nazionalità di due dei kamikaze: uno aveva passaporto siriano, aveva richiesto asilo sbarcando lo scorso 3 ottobre sull’isola greca di Lesbo e aveva ottenuto lo status di rifugiato. L’altro documento ritrovato è di un egiziano. Un terzo attentatore sarebbe un cittadino francese: oltre che dal passaporto ritrovato accanto al corpo, il terrorista dovrà essere identificato dalle impronte su un dito sezionato. L’uomo, 20 anni, sarebbe già noto ai servizi di sicurezza e schedato per la sua vicinanza con gli ambienti islamici più radicali e ritenuti a rischio. È cresciuto in una banlieu. Tutto, lascia intendere il Procuratore, fa pensare che i tre commando che hanno agito venerdì fossero in contatto con cellule jihadiste siriane: beffardo caso, parte di quella “opposizione siriana” che la Francia ha a lungo coccolato. Sul territorio nazionale vengono ricercati anche eventuali complici.
Un aiuto fondamentale potrebbe inoltre arrivare dalla Germania. In Baviera è stato fermato un 51enne montenegrino, che stava percorrendo l’autostrada Salisburgo-Monaco, diretto a Parigi: è stato fermato per un controllo di routine sul traffico di miranti la scorsa settimana, verso le 8 del mattino all’altezza di Rosenheim, in Baviera. Ad un primo controllo alla sua Golf, nel bagagliaio, i poliziotti hanno scoperto una pistola. Ulteriori perquisizioni hanno portato alla scoperta di 8 kalashnikov, 2 pistole, 1 revolver, munizioni, 2 bombe a mano e 200 grammi di Tnt. Armi che viaggiavano, guarda caso, sulle stesse rotte dell’immigrazione.