Gli mancava la Baviera. Oppure la Bundesliga, fate voi. Adesso Carletto, futuro padrone del Bayern, è un allenatore completo, ha le chiavi d’Europa, è il Premier di tutti. Carletto di cognome fa Ancelotti, ma aggiungerlo ci sembra superfluo. Quando parli di calcio sai chi è Carletto, cosa ha fatto, cosa ha vinto e magari cosa vincerà.
La scelta è intelligente, sintetizzata da una dichiarazione dello stesso specialista di Reggiolo. Ancelotti è stato chiaro, senza troppi giri di parole. “Quando ho memorizzato che mi stava cercando il Bayern, ho messo da parte qualsiasi altra proposta”. In pratica, aveva scelto. Già, la spiegazione è semplicissima e quasi elementare: se ti cerca il colosso di Germania, diventano automatiche tre-quattro cose. Vai a guidare una potenza, avrai carta bianca, potrai pilotare il mercato e mai sarà un problema di ingaggio: cosa dovrebbe cercare di più o di meglio qualsiasi allenatore al mondo? Oltretutto vai a rilevare l’eredità di Guardiola, mica l’ultimo della compagnia. E se i tedeschi lo hanno fatto anche per scaramanzia, sinceramente non lo sapremo mai. L’ultima volta che si congedarono diversi mesi prima da Heynckes, proprio perché avevano bloccato e convinto Pep, lo annunciarono in netto anticipo portando a casa il Triplete. Chiaramente il Triplete comprendeva anche la Champions: nessuno si pentì e cambiò idea, anzi dissero che con Guardiola sarebbero andati avanti per tantissimi anni. Non era vero, perché prima o poi Pep al Manchester City ci sarebbe andato, ma oggi questi sono dettagli quasi insignificanti. L’anno sabbatico di Carletto si sarebbe concluso quando avrebbe avuto l’opportunità della vita: non il Milan, con tutto l’affetto che si deve a un club che davvero ama tantissimo. Ma un conto è amare pensando al passato, un altro è pensare di rifidanzarsi senza che esistano le condizioni: sarebbe stata un’imprudenza, il nostro amico che qualcuno, anni e anni fa, chiamava senza rispetto “il perdente di successo” sa bene come scegliere, quando scegliere e perché scegliere.
Ancelotti ora ha le chiavi di Europa, gli mancava soltanto un assaggio bavarese per sentirsi completo. Ha vinto ovunque, ha sempre lasciato traccia, si è fatto voler bene parlando qualsiasi lingua. L’album dei ricordi è struggente, coinvolgente, emozionante. Dopo aver dato la Champions al Milan nel 2007, sembra quasi che siano trascorsi secoli, si è messo a fare collezione di trofei tra Inghilterra, Francia e Spagna. La Decima regalata a Florentino Perez avrebbe dovuto permettergli di avere quasi un vitalizio, invece ha quasi trovato un nemico in casa. E siamo sinceri quando diciamo che se sostituisci il trionfatore della Decima con Benitez significa che non hai le idee troppo chiare, molto pelo sullo stomaco e una riconoscenza abbondantemente sotto lo zero. Ma la riconoscenza nel calcio cosa volete che sia, molto spesso sconosciuta al mittente.
Vai, Carletto: hai tempo per pensare al Bayern, ti divertirai. E quando entrerai all’Allianz Arena immagina di essere al Santiago Bernabeu, oppure a San Siro: ti vorranno bene presto anche nel nuovo tempio, esattamente come te ne vogliono dove hai lavorato e trionfato. Le chiavi d’Europa sono tue, queste sì che sono soddisfazioni.